Barbie bassa e formosa: 33 nuovi modelli e una notizia che ha conquistato anche la copertina del Time. I “neomaschilisti” del gruppo Il Ritorno dei Re si danno appuntamento a Sidney e in altre 43 città in tutto il mondo: per loro, lo stupro andrebbe legalizzato. Una ragazza turca di 20 anni è stata uccisa dal fidanzato tedesco a Colonia. Lo Zimbabwe dichiara illegali i matrimoni di ragazze minorenni. In India corsi di arti marziali e autodifesa nelle scuole. Sempre in India, violentata in ospedale una ragazza ricoverata per violenza sessuale. L’eroina dell’informazione della settimana è la giornalista egiziana Abeer Saady.
Barbie bassa e formosa. Sono andata a cercare la storia della Barbie e ho scoperto un particolare che mi era onestamente ignoto, forse per la mia vocazione all’evitare bambole e dintorni e preferire Lego, pallone e Mio Mini Pony. Comunque: la prima Barbie, 57 anni fa, il 9 marzo 1959, aveva un costume zebrato e i capelli neri raccolti in una coda. Da allora è diventata biondo platino e ha rappresentato nell’immaginario comune lo stereotipo della ragazza perfetta, quasi anoressica, e sostanzialmente stupida. Ora però la Mattel vuole “cambiare verso”: Barbara Millicent Roberts, nome completo di Barbie, per la quale l’azienda nel tempo ha costruito una vera e propria biografia, amici, stirpe e fidanzato con cui è anche stata in crisi, non sarà più solo bionda e filiforme. La Mattel ha lanciato tre nuove versioni della bambola più famosa del mondo: quella “minuta”, quella “tall”, alta e quella “curvy”, ovvero formosa. Taglie alla misura di tutti, forme di più tipi e più “normali”. I nuovi modelli hanno anche diversi tipi di colore di pelle e acconciature e colori di capelli di ogni genere. “Siamo convinti di avere la responsabilità nei confronti di ragazze e genitori di riflettere una visione più ampia della bellezza”, dice Evelyn Mazzocco, vice presidente e global manager di Barbie. “Barbie riflette il mondo che le ragazze vedono intorno a loro”, aggiunge il chief operating officer Richard Dickson. “La sua capacità di evolvere e di crescere con i tempi pur rimanendo fedele al suo spirito, è fondamentale”. 33 sono i nuovi modelli a disposizione entro la fine dell’anno e prenotabili fin da ora, mentre la notizia ha già conquistato anche la copertina del Time.
Un gruppo online “neomaschilista” – i cui sostenitori credono che lo stupro dovrebbe essere legalizzato se “consumato” nella proprietà privata e che le donne sono biologicamente fatte per seguire gli ordini degli uomini – si riunirà per la prima volta off line a Sydney sabato prossimo, il 6 febbraio. Un incontro che avrà luogo anche in altre 43 sedi città tutto il mondo compresa Roma, di sera, davanti alla scalinata di Piazza di Spagna. Il leader del movimento “Return of Kings”, il Ritorno dei Re, è Daryush “Roosh” Valizadeh, 36enne del Maryland e scrittore antifemminista. Alla manifestazione, spiega, donne e uomini transgender e omosessuali non sono invitati. Il sito The Return of Kings esiste dal 2012 e ha oltre 12.500 fan su Facebook. “Il valore di una donna dipende in maniera significativa dalla sua fertilità e dalla sua bellezza”, si legge sul sito. “Quello di un uomo dalle sue risorse, dall’intelletto, dal carattere”. Vengono pubblicati articoli in cui si sostiene che le donne non dovrebbero votare, che lo stupro nella proprietà privata dovrebbe essere legalizzato, che le donne transgender che vanno a letto con uomini eterosessuali sono sostanzialmente delle stupratrici.
Una ragazza turca di 20 anni è stata uccisa dal suo fidanzato tedesco vicino alla sua casa di Colonia, in Germania. Gizem Peker, studentessa dell’università di Aachen, è stata accoltellata a morte dal suo fidanzato tedesco nel quartiere Ostheim. Secondo i media tedeschi la giovane donna si stava recando a casa dei genitori per il fine settimana quando il fidanzato, da cui si era recentemente separata, l’ha fermata e l’ha cominciata a colpire. Il 21enne, di cui la polizia non ha svelato l’identità, è stato fermato e messo in prigione, mentre il corpo della ragazza, la cui famiglia è originaria della città di Elazig, nella Turchia orientale, è stato riconsegnato ai genitori dopo l’autopsia. Secondo la polizia la vittima ha riportato ferite multiple nella parte superiore del corpo e l’attacco è avvenuto in una zona appartata. I dati del ministero tedesco della Famiglia parlano di una donna su sette vittima di violenza sessuale e di una donna su quattro di violenza domestica.
Il 21 gennaio scorso l’Alta corte dello Zimbabwe ha dichiarato illegali i matrimoni di ragazze di età inferiore ai 18 anni, abrogando una norma che finora aveva consentito a bambine anche di 12 anni di sposarsi col consenso dei genitori. Nel paese dell’Africa orientale un terzo delle ragazze si sposa prima dei 18 anni e il 4% prima dei 15, ha detto Tendai Biti, uno degli avvocati dei diritti umani che ha chiesto alla Corte costituzionale di modificare la legislazione. Da adesso “sotto i 18 anni non si potrà contrarre nessun tipo di matrimonio”, spiega Vernanda Ziyambi, uno dei nove giudici che ha approvato all’unanimità la legge. Biti e gli altri avvocati hanno rappresentato due donne, Loveness Mudzuru e Ruvimbo Tsopodzi, che si erano sposate all’età di 16 e 12 anni e che non volevano che altre bambine patissero un destino simile. “Ora aspettiamo che il Parlamento approvi severe sanzioni per garantire che la legge sia applicata”, ha detto Biti. “Sono veramente contenta di aver contribuito a rendere lo Zimbabwe un Paese più sicuro per le ragazze” ha detto Mudzuru che ha avuto due bambini prima dei 18 anni. Dietro al fenomeno delle spose bambine, si legge sul blog di Amnesty International sul Corriere della Sera, c’è la povertà: i genitori danno via le figlie in modo da avere meno bocche da sfamare e prendere, se c’è, la dote. “Le ragazze che si sposano presto fanno figli presto nella più totale povertà, è un circolo vizioso – ha raccontato Mudzuru alla Thomson Reuters Foundation, la mia vita è stata un inferno. E’ difficile allevare un figlio quando sei una bambina anche tu. Sarei dovuta andare a scuola, invece”. Nel mondo ogni anni 15 milioni di bambine vengono date in sposa. Nell’Africa sub-sahariana il 20% delle bambine subisce questo destino.
“Ho imparato lo Jiu Jitsu, che è una forma di auto-difesa, e so che un paio di altre ragazze hanno fatto lo stesso”, racconta Shreya Kukar, studentessa di New Delhi. “Sono assolutamente convinta che imparare queste cose renda più forti le donne. Solo il fatto di sapere cosa fare in caso di situazione spiacevole aiuta a sentirsi meglio, anche se solo mentalmente”. La violenza sessuale, si legge sull’International Business Times, è un grave problema in India. Spesso abbiamo parlato qui su Radio Bullets dello stupro di gruppo e della morte della studentessa Jyoti Singh nel 2012 a Delhi. Da allora sempre più donne e ragazze hanno intrapreso lezioni di arti marziali e autodifesa. Nel 2014 sono stati segnalati dalla polizia più di 36mila stupri, e la verità è che il numero effettivo rischia di essere significativamente più alto. Continuano ad essere segnalati anche attacchi brutali contro le ragazze, tanto che i governi statali hanno annunciato l’inserimento di corsi di autodifesa all’interno dei percorsi scolastici. I più critici hanno sottolineato che senza un intervento alla fonte del problema, tuttavia, senza una migliore azione di polizia e senza la garanzia di un sistema legale a vantaggio delle vittime, i tassi di violenza sessuale continueranno ad aumentare in India. La percentuale di condanne per stupro nel 2014 era solo del 28%: questo alimenta un senso di impunità. E proprio dall’India arriva in queste ore la notizia dell’ennesima violenza. Una ragazza di quindici anni, in ospedale in seguito a una violenza sessuale, ha raccontato di essere stata violentata di nuovo da una guardia di sicurezza dell’ospedale. La ragazza era stata ricoverata alcuni giorni prima dopo aver denunciato alla polizia di essere stata stuprata da un adolescente nel suo quartiere. L’imputato, un minorenne, è stato arrestato e mandato in una casa di custodia cautelare giovanile.
Infine continuano anche questa settimana con il nostro appuntamento con le storie delle 35 donne che fanno parte della lista dei “100 eroi dell’informazione” pubblicata da Reporter senza frontiere. Oggi è la volta di Abeer Saady. Ben nota al mondo dei media egiziani, scrive RSF, Abeer Saady scrive in arabo e in inglese sulle più importanti tematiche da 23 anni. Cha sia sul fronte libico o per le strade del Cairo, sembra essere dappertutto. Centinaia di giornalisti in tutto il Medio Oriente la conoscono, anche perché Abeer si occupa di formazione per i giornalisti che lavorano nelle aree ostili – come in Egitto, Siria, Libia, Tunisia, Yemen, Iraq, Turchia, Giordania, Barhein. Oltre ad essere vice direttrice del quotidiano Al-Akhbar, è stata eletta vice-presidente e componente del consiglio di amministrazione del sindacato egiziano dei giornalisti per tre mandati, e ne ha gestito il dipartimento di formazione, ospitando seminari e corsi di formazione. Ora però ne ha avuto abbastanza. Ha criticato pubblicamente il silenzio del sindacato di fronte a tutti gli arresti, le violenze e gli omicidi mirati di giornalisti, e ha annunciato la fine del suo coinvolgimento nell’organizzazione. Ha esortato i suoi colleghi a prendere in considerazione le conseguenze catastrofiche “del silenzio in risposta a questo attacco alla sicurezza, alla protezione e la dignità dei giornalisti”. Dodici giornalisti sono stati uccisi in Egitto dal 2011 e più di 20 sono attualmente in stato di detenzione.